Martedì notte è venuto a piovere forte. Uno di quei temporali estivi che ti svegliano e ti costringono ad alzarti per andare a chiudere tutte le finestre di casa e dopo, tra il caldo e il rumore dell’acqua che picchia contro i vetri, fai poi fatica a riprendere sonno.
Al risveglio, la mattina dopo, il cielo era terso, l’aria limpida e c’era un profumo che mi ha fatto tornare in mente la nostra casa sul lago.
Durante l’estate, quando di notte vengono forti temporali, la nostra casa scricchiola e sbatte, spazzata dalla forza della Tramontana. Si sentono i cardini degli scuri cigolare e le foglie degli alberi fremere forte.
La mattina, quando usciamo di casa, ci avvolgiamo nei golfini di lana, quelli vecchi e rovinati che in città non utilizziamo più, quelli che “fanno i pallini” e hanno i gomiti delle maniche lisi, i polsini con i fili tirati.
Di solito mi siedo sotto il portico, protetta dal freddo e dal vento dalle pietre della nostra casa; chiudo gli occhi e assaporo l’aria che sa di legno bagnato, resina e aghi di pino.
A volte, pesanti nuvole stagnano ancora sulle nostre teste promettendo altra acqua. A volte invece il forte vento della notte ne ha spazzato via ogni traccia e resta solo l’azzurro intenso del cielo.
Quando penso a questo luogo provo un forte senso di nostalgia ed è strano pensare che, fino a dieci anni fa, ogni volta che dovevamo andare alla casa al lago erano tragedie e lacrime e grida e: «No, non ci voglio venire! Voglio rimanere a casa!»
Strane sono a volte le strade che si finisce per prendere. Strana la persona che si finisce per diventare, a volte senza nemmeno rendersene conto.