La scorsa settimana una mia ex collega mi ha chiesto: “Ma non ti senti sola nel tuo nuovo lavoro?”. La mia risposta è stata un no così deciso che ho sopreso non solo lei, ma anche me stessa.
Ha ribattuto: “E non ti sentirai sola in futuro?”. E io, ancora e più decisa che mai: “No, tranquilla, non mi sentirò sola”.
Ora, la sua domanda era più che lecita. Sono sempre stata abituata a lavorare in gruppo, mentre ora ho mezza-collega: lei lavora la mattina, io vado in ufficio il pomeriggio; in pratica ci incrociamo un’ora al giorno.
Quando mi ha chiesto se mi sentissi sola, io ho pensato subito alla discoteca. Mi spiego meglio.
Tra i 19 e i 21 anni sono andata spesso in discoteca, il sabato sera. Non ci andavo perché mi piacesse, ma perché piaceva al ragazzo di cui ero assurdamente innamorata. (Se conosceste me e lui, non avreste dubbi che esserne innamorata avesse dell’assurdo, ma questa è un’altra storia).
Ad ogni modo, uscivamo tutti in gruppo, andavamo a cena, al cinema, al pub, solite serate tra amici. Poi, quando arrivava l’ora di andare a casa, io, lui e altre 2, massimo 3 persone salutavamo tutti e andavamo in discoteca.
Ci chiamavano i “discotecari”, i “patiti della discoteca” e noi guardavamo gli altri, che a mezzanotte andavano in branda, e li consideravamo un po’ dei nonni – fossimo stati negli anni 70, sarebbero stati dei matusa.
In realtà, segretamente li invidiavo da morire. Erano quasi tutte coppie, quindi me li immaginavo seduti in macchina, sotto casa, a sbaciucchiarsi, a scambiarsi tenerezze e io, che avrei voluto tutto questo, mi trascinavo in discoteca dietro a un sogno che non si sarebbe avverato.
Sognavo che una sera, mentre ballavamo o mentre mi riaccompagnava a casa dopo la discoteca, si sarebbe accorto finalmente di me e ci saremmo stati anche noi, sotto casa, a sbaciucchiarci.
Non credo ci sia bisogno di dirvi che puntalmente venivo disillusa. Lui finiva per ballare con un’altra e io a piangere in bagno con la mia amica Maria. O a baciare un altro, appena conosciuto, sperando di farlo ingelosire.
In mezzo a tutta quella gente che ballava, con la musica a tutto volume che annientava persino la voglia di parlare, e con il cuore in frantumi, ecco, lì mi sono sentita veramente sola.
Sola perché mi stavo costringendo a fare qualcosa che nemmeno mi piaceva, sola perché volevo essere da tutt’altra parte, sola perché mi lasciavo guidare da un istinto sadico che mi portava solo ad aumentare la sofferenza – ero nella fase in cui soffrire voleva dire amare.
Questo per dire che no, ora non mi sento sola. Non mi sento sola perché ho ritrovato la passione e l’entusiasmo per il mio lavoro, perché ho più tempo libero e finalmente sono tornata a scrivere e a leggere per il piacere di scrivere e leggere.
Non mi sento sola perché non sono sola. Ho il mio lavoro, le mie passioni da coltivare, una casa da curare e Andrea, ovviamente, che non potete capire quando sia felice che io abbia cambiato lavoro. 🙂
Insomma, no, non mi sento sola e credo che, finché farò quello che amo, non riuscirò proprio a sentirmi sola.
E voi?
Quando e dove vi siete sentiti soli?