Ieri c’era un sole meraviglioso e, dopo pranzo, sono andata a fare la mia solita passeggiata (quella che vi ho raccontato in Non ti annoi a fare sempre lo stesso percorso?).
Arrivata ai piedi della salita che porta fino alla chiesa, una salita piuttosto ripida e impegnativa, ho visto una famiglia: padre, madre e bambino di circa otto anni.
Il padre guarda la madre, dice: «Saliamo alla chiesa e scendiamo per il bosco?»
La madre risponde: «Va bene»
Il bambino guarda la salita, guarda il padre. Dice: «Ma dobbiamo proprio?»
Io li ho superati, ho iniziato a salire. Arrivata in cima, mi sono voltata e la famiglia era ancora là, ai piedi della salita.
La mamma e il papà erano vicini, forse parlavano tra loro. Il bambino giocava con le foglie secche ai lati della stradina di campagna.
Scendendo per il bosco, ripensando a questa scena, mi sono resa conto che sento spesso quella voce, dentro di me, che dice: «Ma dobbiamo proprio?»
Mi capita, ad esempio, certi venerdì sera. Dopo una settimana di lavoro e impegni di varia natura, realizzo che devo fermarmi a fare la spesa.
Sono stanca, l’unica cosa che vorrei è tornare a casa, mettere i piedi sul tavolino e il sedere sul divano, ma il frigo è ormai una landa desolata, con due uova, carote lesse avanzate e una confezione aperta di prosciutto cotto.
Metto la macchina nel parcheggio del supermercato, sto per scendere ed eccola, la voce dentro di me: «Ma dobbiamo proprio?»
Oppure: dopo un fine settimana senza orari, immersa nella scrittura e nel blog, arriva lunedì mattina, la sveglia suona alle sette in punto e io riemergo, sotto pensati strati di sonno e di coperte, e lei è già lì: «Ma dobbiamo proprio?»
E io, di solito, mi arrabbio con questa voce. Me la prendo con lei. Sbotto: «Non ti ci mettere anche tu! È lunedì, è mattina, è già abbastanza difficile! Mi ci mancano solo i tuoi capricci!»
Solo che è un atteggiamento che non mi fa bene: finisco solo per arrabbiarmi con una parte di me e sentirmi anche peggio.
Quindi oggi faccio una promessa: tratterò con amorevolezza questa parte di me che non apprezza che il dovere venga prima del piacere.
Mi prenderò cura anche di lei, come di tutte le altre parti di me stessa. E, magari, un giorno giocheremo insieme con le foglie secche. 😉
E voi?
Quante volte avete sentito, dentro di voi, la voce dirvi: «Ma dobbiamo proprio?» L’avete ascoltata? Sgridata? O cosa? 🙂
Ho notato che crescendo mi capita sempre più spesso. E non solo per quelle cose che devi fare per dovere ma anche quelle per piacere come una semplice gita fuori porta. C’è una parte di me che è spompata e a cui manca l’entusiasmo e con la quale devo combattere. Ci avevo scritto tempo fa un post che puoi leggere qui
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Forse, più che combattere quella parte di te, dovresti ascoltarla. Perché sei “spompato”? Perché ti manca l’entusiasmo? C’è qualcosa che vorresti fare e non fai? Qualcosa che vorresti essere e non sei?
E ora, mi leggo il tuo post… 😉
PS: di certo il COVID non aiuta. Più stiamo reclusi e più aumenta la voce: “Ma dobbiamo proprio uscire?”. Per fortuna vivo in campagna perché, se fossi in città, metterei il naso fuori giusto per necessità.
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Dipende.
Se una cosa l’ho già iniziata, sono molto determinato a proseguirla e sebbene possa essere difficoltosa, la voce non ascolto.
Diverso se devo decidere se fare una cosa oppure no. La voce la sento eccome e devo trovare le giuste motivazioni per non assecondarla.
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Di fronte alla decisione: fare o non fare, spesso la mia reazione è: “no, assolutamente no”, soprattutto se è qualcosa di nuovo e non mi sento preparata.
Poi rifletto, rifletto, rifletto e, alla fine, il “non ci penso proprio” diventa “ok, se proprio devo”.
Mannaggia al senso del dovere. 🙄
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“Mannaggia al senso del dovere”
E’ una fregatura
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Fa parte del gioco. diciamo, scherzando, che quando la vocina mi parla io…metto le cuffie con la musica!
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Musica a un volume da carabinieri sotto casa, così la stordiamo per bene e se ne sta un po’ zitta. 😉
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