Sistemando nei cassetti della scrivania, ho trovato due fogli protocollo a quadretti pieni all’inverosimile di frasi tratte dai libri che via via leggevo. Accanto ad ogni frase: l’autore e il titolo del libro.
Una mania che non ricordavo di avere. Voglio dire: ho sempre letto tanto, ho sempre sottolineato, ma avevo rimosso che ci sia stato un momento, nella mia vita, in cui trascrivevo a mano le mie frasi preferite!
Devo anche essermi stancata in fretta, perché ho trovato solo quei due fogli protocollo e nient’altro… 😉
Ad ogni modo, una frase mi ha colpito in maniera particolare:
«In fin dei conti, la vita è molto più facile scriverla che viverla». Tratta da Di tutte le cose visibili e invisibili di Lucía Etxebarría.
Quando lessi il romanzo e trascrissi quella frase, sono certa che ci credevo perché per tanto tempo sono stata veramente convinta che fosse più facile scrivere la vita, invece che viverla.
Oggi non sono più così sicura. Oggi credo che vivere e scrivere siano due facce della stessa medaglia: non potrei scrivere senza aver vissuto e non sarei in grado di vivere senza la scrittura.
E credo anche che nessuna delle due cose sia più facile dell’altra: la vita non è facile, la scrittura non è facile. Richiedono entrambe tanta pazienza, tanto lavoro e tanto impegno.
E voi?
Cosa ne pensate? C’è qualcuno a cui la vita viene facile? Vi riesce più facile scrivere la vita o viverla?
Post Scriptum
Non ricordo bene Di tutte le cose visibili e invisibili di Lucía Etxebarría… l’ho letto così tanto tempo fa! Quello che so è che ho trascritto moltissime frasi (oltre a quella citata) e che lo ricordo come un romanzo illuminante. Dovrei rileggerlo…
Ritengo sia più facile scriverla.
Così come è più facile descrivere un evento sportivo che praticarlo, commentare un’opera d’arte che crearla, giudicare una esibizione piuttosto che essere partecipante.
Poi il fatto di “scrivere bene” ciò che si osserva è un’altra cosa. Ma di norma ritengo che il vivere sia sempre enormemente più complicato, quantomeno perché ci si trova come “attori”, e non come “osservatori”.
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C’ho pensato un po’ e non so se sia vero in assoluto. Per uno sportivo è più facile praticare il proprio sport (per il quale è allenato) invece che descriverlo. Pensa anche solo a quando intervistano un calciatore o un atleta… fanno fatica a mettere insieme due parole.
Anche gli artisti, non tutti parlano volentieri delle loro opere, c’è chi preferisce crearle e lasciarle interpretare agli altri.
Questo per dire che forse – e dico forse – dipende da persona a persona e forse – e dico forse – ad alcuni viene più facile essere osservatori invece che attori (e viceversa).
Chissà…
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Viverla bene o male è obbligatorio, scriverla è facoltativo.
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Ah, sì, questo è vero… o meglio, vivere è quasi obbligatorio. C’è anche chi sceglie di smettere di vivere e se ne va Altrove.
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La risposta giusta credo sia dipende, ci sono momenti che sono così difficili che sarebbe indubbiamente più facile scriverli… Altri che sono talmente belli ed emozionanti che sarebbe un peccato non viverli e descriverli soltanto
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A volte vale lo stesso discorso per i momenti molto brutti: una malattia, ad esempio, che ci fa mettere tutto in discussione, che ribalta gli equilibri e le priorità.
In quei casi spesso la scrittura viene dopo: è difficile scrivere mentre si è immersi in certe situazioni… vanno prima vissute, attraversate.
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Esatto!
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