Al suo posto

Quando ancora facevo le scuole superiori, andai alla presentazione di un libro in biblioteca.

Era la biblioteca di Casalecchio di Reno, comune alle porte di Bologna dove sono cresciuta e vissuta fino a quando, nel 2014, sono andata a vivere con Andrea.

Quando frequentavo le scuole superiori, la biblioteca era piccolissima: dovevi fare lo slalom tra tavoli, sedie e scaffali in legno, che si piegavano sotto il peso dei volumi.

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Questo è il MIO momento

L’ho realizzato un giorno qualsiasi, in un momento qualsiasi, mentre stavo mettendo i piatti della colazione in lavastoviglie, con Ed Sheeran di sottofondo.

Ho avuto una visione di me stessa, nella mia libreria preferita di Bologna, mentre parlavo del mio libro davanti a un pubblico non ben identificato.

Ho pensato: «Questo è il mio momento».

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Meglio il dentista!

Ieri sono andata dal dentista. Era qualche giorno che soffrivo come un cane per colpa di un maledetto dente, ma aveva posto per me solo ieri, quindi ho dovuto aspettare.

Ho sempre avuto paura del dentista. Da bambina, il mio primo dentista fu quello di mio padre. Me lo ricordo come un uomo dalle mani enormi e pesanti. Faceva male anche solo nell’afferrarmi la mandibola per metterla in posizione.

È andata meglio cambiando e passando alla dentista donna di mia madre. Era più delicata e più paziente, ma io restavo comunque terrorizzata.

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Foto molto brutte per momenti molto belli

La settimana scorsa, come ormai sapete, ho ricevuto le copie che avevo ordinato del mio libro. 😀

Ogni volta che immaginavo il momento in cui sarebbe arrivato, vedevo me stessa arrivare a casa dei miei e chiedere subito a qualcuno di farmi foto o video mentre aprivo le tanto agognate scatole.

E invece?

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Spero solo che il mio libro vi piacerà

Ventinove pagine: era questo il mio limite massimo. Scrivevo per giorni posseduta dal fuoco dell’ispirazione, poi mi bloccavo e il demone che mi portavo sulle spalle mi sussurrava: «Lascia perdere, non ce la farai mai, perdi solo il tuo tempo»

E io lo ascoltavo, smettevo di scrivere e abbandonavo la parte più profonda e più vera di me: quella in grado di trasformare l’esistente in storie. 

Poi è arrivato il cancro e ho realizzato due cose:

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